mercoledì 31 luglio 2013
UNA SENTENZA CHE PONE NUOVAMENTE UNA QUESTIONE CENTRALE :
I PROFESSIONISTI NON SONO IMPRENDITORI, DUNQUE L'ELIMINAZIONE DELLE TARIFFE MINIME si configura come
UN MADORNALE ERRORE!
La Corte di Cassazione, con la sentenza 26 giugno 2013 n. 16092, ha negato ad un professionista il diritto di beneficiare di uno sgravio contributivo, previsto della legge n. 448 del 2001 a favore delle imprese, perché si è vista l’assenza, nella attività del prestatore d’opera intellettuale, della necessaria componente organizzativa di un apparato produttivo stabile e complesso, formato da beni strumentali e lavoratori, sarebbe incompatibile con lo status di imprenditore.
La decisione della Corte ribalta il concetto che ha promosso le famose "lenzuolate" di Bersani con cui è iniziato il processo di liberalizzazione e di delegittimazione e distruzione delle professioni intellettuali del paese, concluso ed inasprito poi con il Governo Monti.
E' discutibile e contraddittorio il modo e soprattutto i criteri con cui si sono svolte le liberalizzazioni in ITALIA:
se da un lato si è erroneamente assimilato il professionista all'impresa così da trovare il modo di privarlo dei minimi tariffari (di cui peraltro le imprese godono ancora attraverso i listini regionali e le soglie di anomalia di ribasso rispetto agli stessi) e di esporlo così ad una concorrenza selvaggia e pericolosa
dall'altro poi quando minimamente l'assimilazione professionista - impresa può tornare utile al professionista, solo in quel caso la Corte ribadisce le giuste differenze.
La posizione di Fnailp è stata espressa nella lettera aperta ai leader delle coalizioni politiche, in cui si ribadisce :
al punto 45
La netta distinzione LEGISLATIVA tra «Prestazione Professionale» e «Attività d’impresa»
è inaccettabile qualunque tipo di omologazione tra “capitale” e “prestazione intellettuale”, tra cultura e mercificazione dei prodotti; le professioni intellettuali non sono assimilabili ad attività d’impresa, ma hanno presupposti diversi, regole
diverse, obiettivi diversi; difatti sono estranee all’impresa le regole deontologiche, la formazione culturale universitaria, le abilitazioni professionali, le specializzazioni, i criteri di eticità.
Le attività intellettuali hanno peculiarità uniche e che afferiscono
il rapporto di natura strettamente fiduciaria tra il cittadino e chi realizza il lavoro intellettuale.
Lo Stato deve tutelare non solo la qualità ma l’esclusività delle professioni intellettuali precisando che, nel caso degli architetti e degli ingegneri, ci si debba riferire a professioni protette legate agli interessi pubblici primari e generali alla cui soddisfazione è indirizzato il
loro esercizio.
Il professionista intellettuale svolge prestazioni di elevatissima complessità che per ovvi motivi impediscono all’utente di valutarne la qualità del servizio reso e la congruità del prezzo pagato.
Liberalizzano le nostre tariffe minime di dignità e di proporzionalità con il lavoro, ben conoscendo che il soprannumero senza una regolamentazione, per acclarata legge di mercato, porterà alla sparizione della professione intellettuale, a favore del grande capitalismo.
CHE NE DITE SE LIBERALIZZASSERO IL VOSTRO STIPENDIO AL MIGLIOR OFFERENTE ?
UNA SENTENZA CHE PONE NUOVAMENTE UNA QUESTIONE CENTRALE :
I PROFESSIONISTI NON SONO IMPRENDITORI, DUNQUE L'ELIMINAZIONE DELLE TARIFFE MINIME si configura come
UN MADORNALE ERRORE!
La Corte di Cassazione, con la sentenza 26 giugno 2013 n. 16092, ha negato ad un professionista il diritto di beneficiare di uno sgravio contributivo, previsto della legge n. 448 del 2001 a favore delle imprese, perché si è vista l’assenza, nella attività del prestatore d’opera intellettuale, della necessaria componente organizzativa di un apparato produttivo stabile e complesso, formato da beni strumentali e lavoratori, sarebbe incompatibile con lo status di imprenditore.
La decisione della Corte ribalta il concetto che ha promosso le famose "lenzuolate" di Bersani con cui è iniziato il processo di liberalizzazione e di delegittimazione e distruzione delle professioni intellettuali del paese, concluso ed inasprito poi con il Governo Monti.
E' discutibile e contraddittorio il modo e soprattutto i criteri con cui si sono svolte le liberalizzazioni in ITALIA:
se da un lato si è erroneamente assimilato il professionista all'impresa così da trovare il modo di privarlo dei minimi tariffari (di cui peraltro le imprese godono ancora attraverso i listini regionali e le soglie di anomalia di ribasso rispetto agli stessi) e di esporlo così ad una concorrenza selvaggia e pericolosa
dall'altro poi quando minimamente l'assimilazione professionista - impresa può tornare utile al professionista, solo in quel caso la Corte ribadisce le giuste differenze.
La posizione di Fnailp è stata espressa nella lettera aperta ai leader delle coalizioni politiche, in cui si ribadisce :
al punto 45
La netta distinzione LEGISLATIVA tra «Prestazione Professionale» e «Attività d’impresa»
è inaccettabile qualunque tipo di omologazione tra “capitale” e “prestazione intellettuale”, tra cultura e mercificazione dei prodotti; le professioni intellettuali non sono assimilabili ad attività d’impresa, ma hanno presupposti diversi, regole
diverse, obiettivi diversi; difatti sono estranee all’impresa le regole deontologiche, la formazione culturale universitaria, le abilitazioni professionali, le specializzazioni, i criteri di eticità.
Le attività intellettuali hanno peculiarità uniche e che afferiscono
il rapporto di natura strettamente fiduciaria tra il cittadino e chi realizza il lavoro intellettuale.
Lo Stato deve tutelare non solo la qualità ma l’esclusività delle professioni intellettuali precisando che, nel caso degli architetti e degli ingegneri, ci si debba riferire a professioni protette legate agli interessi pubblici primari e generali alla cui soddisfazione è indirizzato il
loro esercizio.
Il professionista intellettuale svolge prestazioni di elevatissima complessità che per ovvi motivi impediscono all’utente di valutarne la qualità del servizio reso e la congruità del prezzo pagato.
Liberalizzano le nostre tariffe minime di dignità e di proporzionalità con il lavoro, ben conoscendo che il soprannumero senza una regolamentazione, per acclarata legge di mercato, porterà alla sparizione della professione intellettuale, a favore del grande capitalismo.
CHE NE DITE SE LIBERALIZZASSERO IL VOSTRO STIPENDIO AL MIGLIOR OFFERENTE ?
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