Quel che resta della destra
di Paola Bacchiddu
Sparito Fini, sconfitto Alemanno, La Russa confinato in un
mini partito. Che ne è degli ex missini che per vent’anni sono stati
tanto potenti? Politicamente, poco. Ma c’è un tesoretto da 400 milioni
da spartire
(17 giugno 2013)
Qualcuno
l’ha chiamata “operazione nostalgia”, giusto per chiarire dal principio
che la premessa non è tanto il futuro, quanto una mesta rievocazione di
un passato di cui non si ha più traccia, se non nelle sue macerie di
rivendicazioni, pentimenti e qualche schizzo di veleno sulle
responsabilità.
Altri “la nuova cosa nera”, che rievoca più un passato
extraparlamentare, che non un presente rassicurante tra i banchi delle
Camere. Eppure, anche se i protagonisti si sfilano da entrambe le
definizioni, qualcosa, nel magmatico e sempre più confuso pentolone del
centro destra, si sta muovendo.
Dopo la slavina elettorale delle scorse amministrative, e la rovinosa sconfitta dell’ex sindaco Alemanno a Roma, gli ex colonnelli di Alleanza Nazionale stanno lavorando al progetto di ricostruire una nuova identità. Alcuni confluiti in Fratelli d’Italia, altri in rivoli di progetti similari.
Tramontato il suo leader Gianfranco Fini (alle prese con un libro nel quale racconterà la “sua verità”), Futuro e Libertà si è sciolta lo scorso maggio. Un triumvirato guidato da Roberto Menia, Aldo Di Biagio e Daniele Toto dovrebbe ora accompagnare il defunto partito, nato il 13 febbraio del 2011 da una scissione interna del Pdl, verso una “comune casa di destra”: formula quanto mai vaga.
Del resto, l’emorragia di voti nel Pdl, otto milioni all’ultimo giro, sono un appetitoso banchetto su cui pasteggiar. Un elettorato senza più padri, in cerca di una destra moderna, europeista, riformista che avrebbe forse votato Renzi, è in cerca di una congrua creatura politica. E allora?
Lo scorso week-end, Fratelli d’Italia ha organizzato a Milano le “Giornate Tricolori”: l’obiettivo – seguiranno altre iniziative simili – è quello di discutere insieme le vie da percorrere per ricomporre la creatura morente. Eppure, a giudicare dal panel degli invitati – oltre a vecchi protagonisti di An anche l’ex Ministro Tremonti, Magdi Allam, e qualche volto di “Fermare il Declino” – la rotta sembra più posizionata verso il centro, che non in direzione di una destra pura.
Altro nodo gordiano è la questione della leadership: La Russa accende il riflettore su Giorgia Meloni, da alcuni ribattezzata “la Renzi del centro-destra”. Formula quanto mai spendibile in tempi di rottamazione e insistente richiesta di rinnovamento. Ma non tutti sono d’accordo.
L’ombra lunga del Cavaliere, inoltre, sembra essere condizione imprescindibile per la nascita della nuova formazione: in attesa che il volto della rinnovata Forza Italia assuma lineamenti più chiari, molti ex An già oggi non escludono la possibilità di allearsene, anche se l’ex senatore Domenico Nania parla di “pulizia etnica della destra del Pdl”. Lo stesso La Russa, che raggiunto dall’Espresso non ha voluto parlare perché “contrario al taglio del giornale”, ha spiegato ieri che l’intento non è quello di sottrarsi a Berlusconi, ma di comporre la terza gamba “di una coalizione in grado di vincere”. Del resto, i senatori Matteoli e Gasparri, ex An, hanno già chiarito che resteranno nel rassicurante alveo del Pdl: l’uno, a capo della commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni di palazzo Madama, l’altro come vicepresidente del Senato.
Chi è, al contrario, in cerca di collocazione, ci sta invece pensando. Andrea Ronchi, che nel 2011 uscì da Fli per entrare nel gruppo misto, sostiene che si commetterebbe un grosso errore, se si pensasse a un’operazione nostalgia: “Alleanza nazionale era un progetto intelligentissimo, che ha avuto la sua massima espressione in un momento storico molto diverso dall’attuale. Fino al 1993 l’Msi era considerato un partito “paria”, impresentabile e oggetto di razzismo politico. Fu Fini a sdoganarlo, quando si candidò a Roma come sindaco, contro Rutelli. Nacque tutto lì. Il Cavaliere lo scelse e si aprì la seconda Repubblica. E proprio a Roma, dove tutto ha avuto principio, tutto è finito con la sconfitta di Alemanno. Si apre una terza fase”.
Un partito che guardi anche al centro – spiega Ronchi – e si rivolga al volontariato cattolico e alla Cisl. Che si occupi di lavoro, legalità, sussidiarietà, nazione, welfare sociale, cura economica, e che non tralasci gli ultimi. “Coinvolgerei Luciano Ciocchetti (ex vicepresidente del Lazio con la Polverini), Adriana Poli Bortone, Silvano Moffa. Senza pensare a una leadership precisa, però, perché finché resiste Berlusconi, non si può pensare ad altri. Certo, non vedrei male un imprenditore come Alfio Marchini…”.
Dopo la slavina elettorale delle scorse amministrative, e la rovinosa sconfitta dell’ex sindaco Alemanno a Roma, gli ex colonnelli di Alleanza Nazionale stanno lavorando al progetto di ricostruire una nuova identità. Alcuni confluiti in Fratelli d’Italia, altri in rivoli di progetti similari.
Tramontato il suo leader Gianfranco Fini (alle prese con un libro nel quale racconterà la “sua verità”), Futuro e Libertà si è sciolta lo scorso maggio. Un triumvirato guidato da Roberto Menia, Aldo Di Biagio e Daniele Toto dovrebbe ora accompagnare il defunto partito, nato il 13 febbraio del 2011 da una scissione interna del Pdl, verso una “comune casa di destra”: formula quanto mai vaga.
Del resto, l’emorragia di voti nel Pdl, otto milioni all’ultimo giro, sono un appetitoso banchetto su cui pasteggiar. Un elettorato senza più padri, in cerca di una destra moderna, europeista, riformista che avrebbe forse votato Renzi, è in cerca di una congrua creatura politica. E allora?
Lo scorso week-end, Fratelli d’Italia ha organizzato a Milano le “Giornate Tricolori”: l’obiettivo – seguiranno altre iniziative simili – è quello di discutere insieme le vie da percorrere per ricomporre la creatura morente. Eppure, a giudicare dal panel degli invitati – oltre a vecchi protagonisti di An anche l’ex Ministro Tremonti, Magdi Allam, e qualche volto di “Fermare il Declino” – la rotta sembra più posizionata verso il centro, che non in direzione di una destra pura.
Altro nodo gordiano è la questione della leadership: La Russa accende il riflettore su Giorgia Meloni, da alcuni ribattezzata “la Renzi del centro-destra”. Formula quanto mai spendibile in tempi di rottamazione e insistente richiesta di rinnovamento. Ma non tutti sono d’accordo.
L’ombra lunga del Cavaliere, inoltre, sembra essere condizione imprescindibile per la nascita della nuova formazione: in attesa che il volto della rinnovata Forza Italia assuma lineamenti più chiari, molti ex An già oggi non escludono la possibilità di allearsene, anche se l’ex senatore Domenico Nania parla di “pulizia etnica della destra del Pdl”. Lo stesso La Russa, che raggiunto dall’Espresso non ha voluto parlare perché “contrario al taglio del giornale”, ha spiegato ieri che l’intento non è quello di sottrarsi a Berlusconi, ma di comporre la terza gamba “di una coalizione in grado di vincere”. Del resto, i senatori Matteoli e Gasparri, ex An, hanno già chiarito che resteranno nel rassicurante alveo del Pdl: l’uno, a capo della commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni di palazzo Madama, l’altro come vicepresidente del Senato.
Chi è, al contrario, in cerca di collocazione, ci sta invece pensando. Andrea Ronchi, che nel 2011 uscì da Fli per entrare nel gruppo misto, sostiene che si commetterebbe un grosso errore, se si pensasse a un’operazione nostalgia: “Alleanza nazionale era un progetto intelligentissimo, che ha avuto la sua massima espressione in un momento storico molto diverso dall’attuale. Fino al 1993 l’Msi era considerato un partito “paria”, impresentabile e oggetto di razzismo politico. Fu Fini a sdoganarlo, quando si candidò a Roma come sindaco, contro Rutelli. Nacque tutto lì. Il Cavaliere lo scelse e si aprì la seconda Repubblica. E proprio a Roma, dove tutto ha avuto principio, tutto è finito con la sconfitta di Alemanno. Si apre una terza fase”.
Un partito che guardi anche al centro – spiega Ronchi – e si rivolga al volontariato cattolico e alla Cisl. Che si occupi di lavoro, legalità, sussidiarietà, nazione, welfare sociale, cura economica, e che non tralasci gli ultimi. “Coinvolgerei Luciano Ciocchetti (ex vicepresidente del Lazio con la Polverini), Adriana Poli Bortone, Silvano Moffa. Senza pensare a una leadership precisa, però, perché finché resiste Berlusconi, non si può pensare ad altri. Certo, non vedrei male un imprenditore come Alfio Marchini…”.
(fonte: L’espresso.it leggi articolo )
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