Il cavaliere bruciato
Questa volta la Fenice non risorgerà, vuoi per il fatale
scorrere del tempo, vuoi perché sono maturate le reiterate accuse di una
magistratura accanita come mai era accaduto in Italia nei confronti di
un politico.
Berlusconi, insieme a Craxi riabilitato poi a
Strasburgo, è stato l’unico Presidente del Consiglio condannato in modo
definitivo dalla Cassazione. Certamente ci ha messo del suo offrendo le
spalle alle coltellate, confondendosi con una pletora di fanciulle in
fiore a caccia di scritture, collaborazioni e sistemazione in qualche
ente pubblico o privato.
L’errore principale del Cavaliere
consiste nell’aver fatto entrare in politica molte di queste fanciulle,
insieme altra gente mediocre non all’altezza della situazione.
Col senno di poi faccio mia la considerazione del nostro collaboratore Luceri circa il mistero Berlusconi: chi è il Cavaliere?
Imprenditore
di successo, esperto di mercati e uomo di mondo, conosceva benissimo la
situazione economica e politica italiana ed internazionale prima di
scendere in campo. Chi glie l’ha fatto fare?
I nemici dicono per difendersi da precedenti pasticci bancari e per legami con la mafia.
Da
persona accorta e dopo l’infelice esperienza di Craxi, prudenza avrebbe
consigliato di buttarsi a sinistra come De Benedetti e ricevere
protezione, palese ed occulta, dai «poteri forti». Lui ha
preferito, invece, combatterli questi poteri e nel modo diretto,
andandosi a scornare contro un muro di cemento. Ne era consapevole?
La
superstima di sé e la certezza di ottenere ampio consenso popolare lo
hanno spinto a giocare la difficile partita, confondendo l’azienda nella
quale aveva potere assoluto di decisione, con l’istituzione
governativa, dove le decisioni, a norma di Costituzione, sono
collettive.
Presto ha dovuto fare i conti con Bossi, Follini,
Casini e Fini, che hanno cominciato a sfiancarlo, impedendogli di
svolgere il programma per il quale era sceso in campo e che aveva
promesso agli italiani. A quel punto si imponeva un discorso chiaro alla
Nazione di denuncia e di richiesta di aiuto. Avrebbe ottenuto consensi
popolari vastissimi e la possibilità di avere la maggioranza assoluta,
invece si è adagiato ed ha cincischiato perdendosi nei meandri della
peggiore politica. Di pari passo la magistratura incalzava fino a
cuocerlo a fuoco lento, con continui e ben calcolati avvisi di garanzia.
Al
riguardo si ribadisce, per l’ennesima volta, come la Magistratocrazia
dalla quale siamo, in realtà, governati, condizioni la politica italiana
interferendo nei governi in carica. Nel 2008, l’incriminazione della
moglie di Mastella, all’epoca Ministro della Giustizia, provocò la
caduta del Governo Prodi, ora con la condanna definitiva di Berlusconi
ha provocato la crisi del Governo Letta, col pericolo fondato di ricorso
anticipato alle urne.
Un risultato sicuro è stato ottenuto: lo
scompiglio nel secondo partito italiano, alleato a quello della
maggioranza per la gestione del Paese. Scompiglio prevedibile
considerata la situazione finanziaria disastrosa nella quale versiamo,
che sconsigliava elezioni anticipate, unito all’ambiguità di molti «fedelissimi» intenzionati a sconfessare chi aveva dato loro credito, con decisione improvvisa.
E’
questo il fatto nuovo nel nostro panorama politico: gente fino al
giorno prima prono al sovrano, il giorno dopo gli si è rivoltato contro.
Colpisce non tanto la nuova presa di posizione, quanto la repentinità
della decisione.
Berlusconi, comunque, ha sbagliato; dopo la
condanna definitiva avrebbe dovuto stare calmo, agire con basso profilo e
pensare di condizionare il Governo solo con argomentazioni a tutela dei
suoi elettori circa le tasse ed un programma di maggiore presa sociale.
Vittima del suo ego smisurato, invece, è «impazzito» con dichiarazioni, alla lunga, autolesioniste tanto da incrinare il rapporto con i suoi collaboratori più stretti.
Il risultato è sotto l’occhio impietoso di chi lo ha visto in televisione dichiarare la fiducia al Governo che voleva abbattere.
Di
pari passo Letta è cresciuto; non è sfuggito a chi è più attento un
certo feeling con Alfano e le conseguenze erano prevedibili.
Il Presidente del Consiglio, di scuola democristiana e di basso «animus pugnandi»,
conosce i suoi polli ed ha atteso il maturare degli eventi, complice
inconsapevole Berlusconi stesso, pertanto non a caso dichiarava
continuamente di sentirsi sicuro e di durare per l’intera legislatura.
Non riuscì ad imporsi, a suo tempo, nel Partito Democratico per abulia, «pescato» ora da Napolitano non ha intenzione di mollare.
Renzi,
l’astro nascente del PD, si vede ora ridimensionato e si è
prudentemente acquietato, ma il futuro ormai si giocherà fra i due.
Berlusconi
è tagliato fuori; non potendo neanche contare più su un partito unito, è
destinato ad un triste tramonto, lui che voleva cambiare l’Italia.
Aveva
ottenuto numerose occasioni per cambiare veramente la nostra società,
il limite caratteriale e la scarsa saggezza dimostrata, specie negli
ultimi tempi, lo hanno inesorabilmente e definitivamente bruciato. ..Angelo Librandi.
Angelo Libranti
Angelo Librantio.
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