mercoledì 9 ottobre 2013

Il cavaliere bruciato




Questa volta la Fenice non risorgerà, vuoi per il fatale scorrere del tempo, vuoi perché sono maturate le reiterate accuse di una magistratura accanita come mai era accaduto in Italia nei confronti di un politico.

Berlusconi, insieme a Craxi riabilitato poi a Strasburgo, è stato l’unico Presidente del Consiglio condannato in modo definitivo dalla Cassazione. Certamente ci ha messo del suo offrendo le spalle alle coltellate, confondendosi con una pletora di fanciulle in fiore a caccia di scritture, collaborazioni e sistemazione in qualche ente pubblico o privato.

L’errore principale del Cavaliere consiste nell’aver fatto entrare in politica molte di queste fanciulle, insieme altra gente mediocre non all’altezza della situazione.

Col senno di poi faccio mia la considerazione del nostro collaboratore Luceri circa il mistero Berlusconi: chi è il Cavaliere?

Imprenditore di successo, esperto di mercati e uomo di mondo, conosceva benissimo la situazione economica e politica italiana ed internazionale prima di scendere in campo. Chi glie l’ha fatto fare?

I nemici dicono per difendersi da precedenti pasticci bancari e per legami con la mafia.

Da persona accorta e dopo l’infelice esperienza di Craxi, prudenza avrebbe consigliato di buttarsi a sinistra come De Benedetti e ricevere protezione, palese ed occulta, dai «poteri forti». Lui ha preferito, invece, combatterli questi poteri e nel modo diretto, andandosi a scornare contro un muro di cemento. Ne era consapevole?

La superstima di sé e la certezza di ottenere ampio consenso popolare lo hanno spinto a giocare la difficile partita, confondendo l’azienda nella quale aveva potere assoluto di decisione, con l’istituzione governativa, dove le decisioni, a norma di Costituzione, sono collettive.

Presto ha dovuto fare i conti con Bossi, Follini, Casini e Fini, che hanno cominciato a sfiancarlo, impedendogli di svolgere il programma per il quale era sceso in campo e che aveva promesso agli italiani. A quel punto si imponeva un discorso chiaro alla Nazione di denuncia e di richiesta di aiuto. Avrebbe ottenuto consensi popolari vastissimi e la possibilità di avere la maggioranza assoluta, invece si è adagiato ed ha cincischiato perdendosi nei meandri della peggiore politica. Di pari passo la magistratura incalzava fino a cuocerlo a fuoco lento, con continui e ben calcolati avvisi di garanzia.

Al riguardo si ribadisce, per l’ennesima volta, come la Magistratocrazia dalla quale siamo, in realtà, governati, condizioni la politica italiana interferendo nei governi in carica. Nel 2008, l’incriminazione della moglie di Mastella, all’epoca Ministro della Giustizia, provocò la caduta del Governo Prodi, ora con la condanna definitiva di Berlusconi ha provocato la crisi del Governo Letta, col pericolo fondato di ricorso anticipato alle urne.

Un risultato sicuro è stato ottenuto: lo scompiglio nel secondo partito italiano, alleato a quello della maggioranza per la gestione del Paese. Scompiglio prevedibile considerata la situazione finanziaria disastrosa nella quale versiamo, che sconsigliava elezioni anticipate, unito all’ambiguità di molti «fedelissimi» intenzionati a sconfessare chi aveva dato loro credito, con decisione improvvisa.

E’ questo il fatto nuovo nel nostro panorama politico: gente fino al giorno prima prono al sovrano, il giorno dopo gli si è rivoltato contro. Colpisce non tanto la nuova presa di posizione, quanto la repentinità della decisione.

Berlusconi, comunque, ha sbagliato; dopo la condanna definitiva avrebbe dovuto stare calmo, agire con basso profilo e pensare di condizionare il Governo solo con argomentazioni a tutela dei suoi elettori circa le tasse ed un programma di maggiore presa sociale. Vittima del suo ego smisurato, invece, è «impazzito» con dichiarazioni, alla lunga, autolesioniste tanto da incrinare il rapporto con i suoi collaboratori più stretti.

Il risultato è sotto l’occhio impietoso di chi lo ha visto in televisione dichiarare la fiducia al Governo che voleva abbattere.

Di pari passo Letta è cresciuto; non è sfuggito a chi è più attento un certo feeling con Alfano e le conseguenze erano prevedibili.

Il Presidente del Consiglio, di scuola democristiana e di basso «animus pugnandi», conosce i suoi polli ed ha atteso il maturare degli eventi, complice inconsapevole Berlusconi stesso, pertanto non a caso dichiarava continuamente di sentirsi sicuro e di durare per l’intera legislatura.

Non riuscì ad imporsi, a suo tempo, nel Partito Democratico per abulia, «pescato» ora da Napolitano non ha intenzione di mollare.

Renzi, l’astro nascente del PD, si vede ora ridimensionato e si è prudentemente acquietato, ma il futuro ormai si giocherà fra i due.

Berlusconi è tagliato fuori; non potendo neanche contare più su un partito unito, è destinato ad un triste tramonto, lui che voleva cambiare l’Italia.

Aveva ottenuto numerose occasioni per cambiare veramente la nostra società, il limite caratteriale e la scarsa saggezza dimostrata, specie negli ultimi tempi, lo hanno inesorabilmente e definitivamente bruciato. ..Angelo Librandi.

Angelo Libranti

Angelo Librantio.

 

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