giovedì 10 ottobre 2013

Urso: «In Officina per costruire il nuovo centrodestra»

Officina per l’Italia attualmente rappresenta un laboratorio politico pronto a trasformarsi in un partito?

ursoAdolfo Urso, ex An ed ex Pdl, ieri alla nascita di Officina per l’Italia c’era. Oggi, intervistato da IntelligoNews, tratteggia i principi alla base del nuovo laboratorio di idee della destra italiana, progetto finalizzato a catalizzare il consenso attorno a quelle battaglie che, da sempre, hanno contraddistinto il centrodestra. Ma «in chiave moderna, ariosa ed europea». Partendo da Alleanza
nazionale? «Andando oltre…»
Adolfo Urso, ieri è stata battezzata Officina per l’Italia. Da dove partite e dove volete ad arrivare?
«Siamo partiti da una riflessione sul cosa si possa fare per salvare l’Italia e per mettere in atto tutte quelle grandi riforme sociali ed economiche, ma anche istituzionali, che purtroppo non sono state realizzate nel corso degli ultimi vent’anni. L’Italia è ancora a un passo dal tracollo e ha bisogno, più di ogni altro Stato europeo, di liberare le energie del Paese per riattivare il motore della crescita. Soprattutto a beneficio di coloro che oggi pagano il prezzo maggiore: i giovani. La destra politica italiana oggi deve rappresentare la bandiera del cambiamento realizzando un nuovo soggetto di centrodestra assieme a tutte quelle culture che si riconoscono nel bipolarismo europeo ed alternative alla sinistra. Senza alcun cedimento alla demagogia, all’estremismo e al moderatismo se dovesse significare compromesso».
Officina per l’Italia attualmente rappresenta un laboratorio politico pronto a trasformarsi in un partito?
«Attualmente sì, Officina è un laboratorio politico e culturale i cui componenti, proprio in questi giorni, stanno lavorando a un manifesto per l’Italia che verrà presentato il prossimo 9 novembre».
Una data scelta non a caso.
«Esattamente. Il 9 novembre rappresenta una data importante tanto per l’Europa quanto per l’Italia dal momento che si commemora la caduta del muro di Berlino. Al nostro evento parteciperanno personalità ed esponenti dell’economia, della cultura, della scienza e della politica che si riconoscono in alcuni valori fondamentali del centrodestra».
Qual è la seconda fase?
«Successivamente verrà attivato un meccanismo di aggregazione politica al fine di realizzare una Costituente partendo dall’esperienza breve ma intensa e significativa di Fratelli d’Italia. Per accogliere attorno a noi tutte quelle forze che vogliono costruire un nuovo centrodestra libero da rancori, personalismi e nostalgie. E dalle culture padronali, soprattutto».
Partendo anche dall’esperienza di Alleanza nazionale?
«Partendo da lì ma andando oltre. Alleanza nazionale non nacque mai appieno, perché in concomitanza scese in campo Berlusconi con Forza Italia, e così venne ridotto lo spazio di rappresentanza che ambiva a raggiungere (quello di tutte le forze liberali, nazionali e cattoliche alternative alla sinistra). Possiamo, dunque, riprendere la vocazione originaria, ma per farlo è necessario prendere coscienza ed essere consapevoli del fatto che la storia non si ripete e che non si possono fare salti indietro nel tempo. Ora bisogna guardare avanti senza voltarsi indietro».
Con i soliti noti?
«Non servono reduci di alcun tipo, ma solo innovatori seri e determinati. Dunque una nuova classe dirigente, che noi dobbiamo contribuire a formare, di giovani preparati e meritevoli».
Con quali “battaglie” pensate di recuperare il consenso?
«La nostra sarà una forza di centrodestra moderna, ariosa, ed europea. Che al contempo sarà profondamente gaullista e autenticamente riformatrice al fine di sburocratizzare l’amministrazione pubblica, liberare le energie dell’impresa per i più giovani, ristabilire il principio del merito e consentire al Paese di intraprendere la via della crescita».
Come mai qui in Italia la destra soprattutto negli ultimi anni non è riuscita ad affermarsi, cosa che al contrario proprio in questi giorni sta accadendo in Francia con il Front National della Le Pen?
«Perché si è esaurita quella spinta propulsiva del ’94 nel duello estenuante e fratricida tra leader carismatici che via via son diventati possessivi e padronali e che contrapponendosi non sono comunque riuscire ad ottenere lo “scettro” del governo del Paese. E anche per la mancanza della riforma presidenzialista, che avrebbe dato uno sbocco naturale a questo confronto».

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