sabato 2 agosto 2014

< PROPOSTE DI PROGRAMMA DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA > VERSO LA X CONFERENZA PROGRAMMATICA DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA - OTTOBRE 2014




< PROPOSTE DI PROGRAMMA DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA >

VERSO LA X CONFERENZA PROGRAMMATICA DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA - OTTOBRE 2014

1) Sovranità monetaria

2) Democrazia diretta

3) Sovranità democratica, politica, economica, sociale, nazionale

4) Nazionalizzazione della Banca Centrale (Banca d’Italia)

5) Separazione fra banche commerciali e banche d’investimento

6) Riforma bancaria e regolamentazione dei mercati finanziari

7) Riforme costituzionali e ristrutturazione dello Stato democratico

8) Politiche economiche espansive e partecipazione attiva dello Stato in economia

9) Programmi di piena occupazione e salario minimo garantito

10) Uscita dall’euro, ritorno alla lira e rinegoziazione dei Trattati Europei vigenti

In esteso i punti del programma vengono descritti come segue:

1) Sovranità monetaria

La Moneta è un Bene Comune Astratto, come la Giustizia o l’Uguaglianza o la Libertà, che appartiene al popolo, il quale la utilizza e ripartisce nei limiti e nelle forme stabilite dalla Costituzione e dalle normative vigenti. La Moneta Comune serve a quantificare il valore intrinseco della vera Ricchezza reale e finanziaria prodotta da tutti i cittadini del paese: il lavoro, le competenze, le qualifiche, la formazione, i beni, i servizi, la coesione e lo stato sociale, i diritti, le tutele assistenziali e previdenziali. La moneta fisica scelta volta per volta da uno Stato per esercitare, dirimere e contabilizzare le sue funzioni rappresenta solo una modalità convenzionale per misurare e valorizzare la vera Moneta Comune di un paese, la sua reale Ricchezza. Sono i comuni cittadini di uno Stato a dare valore ad una certa moneta fisica piuttosto che ad un’altra, accettando il suo utilizzo e la sua circolazione come mezzo di pagamento e unità di misura del valore dei beni reali e finanziari scambiati.

Senza questa preventiva legittimazione popolare e democratica, peraltro rafforzata dal corso forzoso e dagli obblighi fiscali imposti dallo Stato, nessuna moneta nazionale avrebbe oggi la possibilità di essere accettata incondizionatamente dai cittadini, perché dal 1971 in poi, con la fine degli Accordi di Bretton Woods, le monete internazionali non hanno più un loro valore intrinseco, sostanziale diverso dall’unico valore scritturale, fiduciario di cui sono portatrici. La moneta fisica quindi è una pura convenzione ideale, figurata senza alcun reale sottostante materiale, a parte il valore trascurabile degli impulsi elettronici dei depositi bancari o la carta e il metallo di cui sono fatte le banconote e gli spiccioli.

Continuare a trattare la moneta come un bene a se stante o una riserva di valore, indefinitamente accumulabile, intercambiabile e negoziabile con gli altri beni o titoli finanziari, contribuisce a creare fraintendimenti e ambiguità, che alterano il normale e corretto flusso degli scambi commerciali e privano molto spesso la cosiddetta “economia reale” dei mezzi necessari a misurare e quantificare i pagamenti. Storicamente questo cattivo utilizzo della moneta fisica è andato di pari passo con gli sviluppi della scienza finanziaria e a tutto vantaggio dei soli operatori privati dei mercati finanziari che hanno avuto e hanno continuo bisogno di masse enormi di liquidità a rischio nullo per rinnovare senza limiti di spazio e di tempo i loro debiti irredimibili e rendere negoziabili all’infinito i loro titoli spesso spazzatura, perchè non più direttamente legati e univocamente identificabili con un sottostante bene o attività reale.

2) Democrazia diretta

La democrazia diretta e il potenziamento degli strumenti di partecipazione democratica popolare (referendum, petizione popolare e iniziativa di legge popolare) sono gli unici principi o valori che assicurano oggi il corretto funzionamento di un moderno Stato democratico. Il cittadino deve sentirsi parte integrante e attiva della comunità, mentre le istituzioni devono mettere a disposizione del cittadino tutti i dispositivi giuridici e tecnologici per fare sentire in tutte le sedi opportune la sua voce e la sua azione creatrice e riformatrice. Per fare questo, lo Stato deve seguire un preciso programma di sburocratizzazione, snellimento e semplificazione delle istituzioni per accorciare le distanze con il cittadino, predisponendo delle piattaforme informatiche che rendano immediato il dialogo e proficuo lo scambio di idee e di proposte. Per consentire una migliore e sempre più diffusa interfaccia con il cittadino, lo Stato italiano, come tutti gli stati democratici moderni che si rispettino, dovrebbe quanto prima stabilire un serio e credibile piano di introduzione e diffusione della banda larga su tutto il territorio nazionale e seguire un coerente e armonico programma di informatizzazione degli apparati istituzionali pubblici (Parlamento, Ministeri, Enti Statali, Tribunali, Enti Locali etc).

3) Sovranità democratica, politica, economica, sociale, nazionale

Fermo restando il presupposto fondamentale dei due precedenti principi, lo Stato deve agire in tutte le sedi opportune per conseguire un immediato ed integrale recupero della piena sovranità nazionale del popolo italiano, illegittimamente ceduta ad organismi ed enti sovra- ed extra-nazionali. Per fare ciò lo Stato italiano dovrà appellarsi al principio di autodeterminazione dei popoli come previsto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, i cui principi guida ispiratori rimangono ancora oggi dirimenti e insindacabili. Preso atto di questa violazione originaria, lo Stato italiano deve procedere ad una rinegoziazione unilaterale dei relativi Trattati Europei tutti (Roma, Maastricht, Amsterdam, Lisbona), sottoscritti in manifesta violazione della Carta Costituzionale italiana del 1948 e della stessa Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

In seguito a questo atto sovrano ineludibile ed improrogabile, lo Stato italiano deve procedere al recupero pieno ed integrale della sovranità territoriale e militare, illegittimamente cedute con il Trattato di Velsen (gendarmeria europea). Parallelamente e conseguentemente, devono essere dichiarate illegittime tutte le modifiche della Carta Costituzionale in contrasto con i principi fondamentali della stessa, attuate su richiesta e/o indirizzo e/o influenza e/o pressioni diretti ed indiretti di organismi ed enti sovra/extra nazionali, e in aperta violazione della stessa Carta (ad es, da ultimo, modifica agli artt 81, pareggio di bilancio fiscale, 97 e 119 C Cost). In conseguenza della recuperata sovranità politica, economica e militare, lo Stato italiano dovrà procedere alla negazione e/o rinegoziazione del debito pubblico iniquo ed illegittimo, soprattutto per quanto concerne la quota parte riferita a creditori esteri o bancari nazionali e creata grazie a manovre illecite ed inique operazioni monetarie di rifinanziamento interbancario delle Banche Centrali, che hanno impropriamente favorito i gruppi bancari italiani e stranieri e consentito un’incessante speculazione finanziaria sui titoli del debito pubblico dello Stato.

4) Nazionalizzazione della Banca Centrale (Banca d’Italia)

Partendo da queste premesse, noi chiediamo che sia lo Stato l’unico e insindacabile fornitore dei mezzi di pagamento utilizzati dai cittadini, al fine di valorizzare equamente e correttamente la Ricchezza reale e finanziaria del paese. Noi chiediamo che sia un Ente Pubblico (la Banca Centrale Nazionale, Banca d’Italia, oggi di proprietà dei maggiori gruppi bancari privati italiani), direttamente collegata e subordinata alle istituzioni democratiche dello Stato, e non più un organismo privato, autonomo e indipendente (la BCE), a gestire il processo di creazione, emissione e circolazione della massa monetaria utilizzata dai cittadini. La Banca Centrale dovrà fornire periodicamente a costo nullo allo Stato, in base all’andamento dei principali indici economici monitorati (disoccupazione, sviluppo sostenibile, inflazione, bilancia dei pagamenti con l’estero), i mezzi di pagamento necessari, sotto qualsiasi forma (moneta elettronica, banconote, monete metalliche), con l'unico scopo di favorire gli scambi commerciali ed agevolare l’equa redistribuzione della ricchezza all’interno dei confini nazionali.

Nessuna banca commerciale privata potrà arrogarsi autonomamente il diritto e il privilegio, come accade oggi, di creare dal nulla nuova moneta circolante attraverso la concessione di prestiti alla clientela e l’apertura di nuovi depositi monetari informatici, limitandosi invece alla sola attività di intermediazione del credito fra i risparmiatori e i prenditori di fondi. La Banca Centrale pubblica avrà il ruolo di vigilare, controllare, regolamentare il settore bancario privato, garantendo la stabilità finanziaria della nazione attraverso opportune operazioni interbancarie di sostegno agli istituti creditizi e la definizione periodica di un tasso principale di riferimento a cui dovranno essere remunerati gli scambi monetari e finanziari. Al contrario di quanto previsto dal famigerato divorzio del 1981 fra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro, la Banca Centrale potrà intervenire direttamente sul mercato primario di collocamento in asta dei titoli pubblici dello Stato come acquirente residuale dei titoli rimasti invenduti e elemento di garanzia per calmierare i tassi di interessi pagati dallo Stato italiano agli investitori finanziari. In caso di perdurante difficoltà finanziaria di una banca privata dovuta a cattiva gestione dei risparmi, sarà la Banca Centrale stessa a gestire temporaneamente i bilanci della banca (nazionalizzazione), fino a quando i conti non saranno di nuovo in ordine e la banca potrà essere ricollocata sul mercato.

5) Separazione fra banche commerciali e banche d’investimento

Noi chiediamo che venga attuata una vera e propria controriforma bancaria, affinché i grandi gruppi finanziari italiani vengano di nuovo smembrati in piccole entità nazionali e locali più aderenti alle esigenze del territorio in cui operano. Innanzitutto bisogna ristabilire una netta distinzione fra le banche commerciali, specializzate nell’attività creditizia, e banche d’investimento, più marcatamente focalizzate nella compravendita di titoli obbligazionari e azionari.

Le banche commerciali dovranno fornire ai risparmiatori il servizio di raccolta e custodia dei depositi, utilizzando per i prestiti solo la parte dei fondi che i depositanti avranno volontariamente e preventivamente autorizzato a questo scopo, condividendo con la banca sia i profitti che le eventuali perdite di gestione. Il sistema truffaldino della riserva frazionaria, attraverso il quale le banche hanno impunemente continuato a creare denaro dal nulla, deve essere abolito perché non più necessario a garantire la copertura dei depositi in un regime monetario totalmente fiduciario. Le banche d’investimento, oltre alle normali attività di collocamento, fusione o scorporazione aziendale, avranno il compito esclusivo di raccogliere quella parte di risparmi indirizzati all’acquisto di titoli finanziari italiani ed esteri, con la dovuta e necessaria regolamentazione del settore degli strumenti derivati e dei titoli cartolarizzati. A differenza delle banche commerciali, le banche d’investimento avranno maggiori concessioni riguardo all’utilizzo e alla circolazione dei capitali internazionali, fermo restando l’obiettivo prioritario di mantenere un adeguato equilibrio nella bilancia dei pagamenti con l’estero.

6) Riforma bancaria e regolamentazione dei mercati finanziari

Dopo il drastico processo di smantellamento e privatizzazione del settore bancario italiano iniziato con la legge delega Amato-Carli del 1990 e proseguito con il Testo Unico Bancario (TUB) del 1993, promosso dall’allora governatore di Banca d’Italia e poco dopo presidente del consiglio Carlo Azeglio Ciampi, lo Stato italiano dovrà procedere ad una ridefinizione e ristrutturazione dell’intero sistema bancario italiano, che delimiti i confini e i campi di pertinenza di tale settore, eliminando tutti i vantaggi di posizione e privilegi acquisiti in passato. Contemporaneamente bisognerà attuare un progressivo programma di regolamentazione dei mercati finanziari, che eviti gli eccessi e gli squilibri economici causati dall’introduzione di strumenti strutturati e derivati che alterano il valore di Ricchezza reale espresso in precedenza. La base di partenza per attuare questo tipo di riforme improcrastinabili sarà la modifica del Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria del 1998, noto più semplicemente come Testo Unico della Finanza (TUF), introdotto dall’allora Direttore Generale del Ministero del Tesoro e attuale governatore della BCE Mario Draghi.

7) Riforme costituzionali e ristrutturazione dello Stato democratico

Lo Stato italiano, in virtù della recuperata sovranità politica, economica e monetaria, deve procedere ad una necessaria opera di modernizzazione degli apparati e delle amministrazioni pubbliche, a partire dalla necessaria formazione e selezione dei funzionari e della futura classe dirigente, che dovranno essere preparati a fronteggiare una mutata situazione internazionale: non più semplici ragionieri o politicanti che devono solo far quadrare i conti (pareggio di bilancio) e ratificare le direttive imposte dagli organismi sovranazionali (il classico vincolo esterno autoimposto con l’alibi “ce lo chiede l’Europa”), ma veri e propri statisti che dovranno avere una visione di sostenibilità di lungo periodo e stilare programmi politici ed economici di ampio respiro. Fondamentali saranno quindi la sburocratizzazione delle attività produttive e della funzione e dei servizi pubblici, alla luce dei principi di trasparenza, semplicità, imparzialità ed efficacia. Semplificazione e riorganizzazione, alla luce dei principi sopra richiamati, dell’intera materia fiscale. Riforma decisa della giustizia tributaria nel rispetto dei principi di piena autonomia, terzietà, imparzialità e competenza. Revisione integrale, alla luce dei principi di semplificazione e razionalizzazione, delle riforme del mercato del lavoro susseguitesi dal 1997 ad oggi.

Ricerca e studi per un graduale ammodernamento etico dello “stato sociale”, i quali prevedano una forma di assoluta trasparenza e di partecipazione democratica diretta dei cittadini: ridefinizione, riorganizzazione e rinnovata valorizzazione del sistema sanitario nazionale, dell’istruzione, degli interventi di tipo previdenziale ed assistenziale a tutela dei diritti costituzionalmente garantiti e delle categorie svantaggiate, inclusa la disciplina dei regimi pensionistici. Riorganizzazione dell’istruzione, con la massima valorizzazione del merito e nel pieno rispetto del principio dello sviluppo delle attitudini e aspirazioni individuali. Poderoso impulso alla ricerca, sia scientifica sia tecnica, in particolare, ma non solo, nei settori tecnologico, delle energie, della sanità, della medicina e della fisica, con particolare valorizzazione del merito e dei risultati, nel pieno rispetto del principio costituzionale di cui all’art.9 della Costituzione.

8) Politiche economiche espansive e partecipazione attiva dello Stato in economia

In attuazione e nell’esercizio della recuperata piena sovranità economica, monetaria e fiscale, lo Stato dovrà adottare un prioritario e deciso intervento di politica monetaria e fiscale di tipo espansivo (immissione di liquidità attraverso gli strumenti di politica monetaria e taglio secco della pressione fiscale e previdenziale), con contestuale pieno ed effettivo esercizio della sovranità nazionale in tutti gli ambiti sinora trasferiti alla competenza esclusiva e\o concorrente dell’UE, con un’attenzione particolare alle politiche agricole, che liberate da tutti i vincoli comunitari, potranno trovare nuovo impulso, con conseguente rivalorizzazione della produzione, e con un deciso nuovo sostegno alle piccole e medie imprese, vero tessuto e cuore pulsante dell’economia italiana.

La nuova base monetaria netta nazionale potrà essere introdotta all’interno del circuito economico nazionale soltanto attraverso lo strumento della “Spesa Pubblica a deficit” dello Stato, in accordo con le reali esigenze di nuovi mezzi di pagamento da parte del mercato. Questi nuovi fondi pubblici saranno privi di debito all’emissione e dovranno essere utilizzati innanzitutto per garantire tutti gli obiettivi fissati di politica economica, monetaria e fiscale. Rispettando le esigenze e l’importanza del libero mercato, lo Stato deve però mantenere un quota di partecipazione pubblica nei settori strategici e nei servizi essenziali, per garantire la continuità di erogazione degli stessi servizi alla cittadinanza: energia elettrica, gas, acqua, trasporti, telefonia, e dei beni del demanio pubblico ceduti nell’ambito delle politiche di privatizzazione (dai primi anni ’90 in poi). Stato e Mercato devono agire in totale simbiosi ed armonia, evitando a monte qualsiasi tipo di conflitto. Gli investimenti a lungo termine dello Stato saranno indirizzati principalmente verso quei settori o ambiti di ricerca che sono ritenuti scarsamente profittevoli o troppo rischiosi dagli investitori privati: ricerca medica, biologica, chimica, sviluppo ecosostenibile, risparmio energetico, tutela del territorio, infrastrutture, messa in sicurezza degli edifici, patrimonio artistico, attività culturali.

Non avendo più particolari necessità di bilancio pubblico da rispettare e potendo usufruire senza limiti della sua moneta priva di debito, lo Stato dovrà utilizzare lo strumento della tassazione progressiva per sostenere la domanda della nuova moneta nazionale, evitare con largo anticipo qualsiasi fenomeno di tipo inflazionistico (qualora fossero state già raggiunte le condizioni di piena occupazione e saturazione di capacità produttiva, per cui un aumento di moneta circolante possa davvero essere causa di inflazione) e consentire una migliore redistribuzione dei redditi. A sua totale discrezione e per coprire e finanziare i suoi Deficit Positivi di bilancio, lo Stato in accordo con la Banca Centrale potrà collocare tramite asta titoli pubblici privi di rischio, che serviranno a stabilizzare il mercato finanziario, ad evitare la creazione di nuova base monetaria e a reperire fondi già circolanti sui mercati dei capitali nazionali ed internazionali.

Lo Stato, in perfetta sinergia con il suo tessuto produttivo, dovrà garantire nel tempo un equilibrio stabile e duraturo della bilancia dei pagamenti con l’estero, favorendo una maggiore diversificazione della produzione interna e limitando le importazioni ai soli beni e servizi non sostituibili. Essendo riconosciuta la carenza di fonti energetiche primarie, come petrolio e gas naturale, lo Stato dovrà impegnarsi nella stesura di un piano energetico nazionale che incentivi adeguatamente la produzione di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaica, eolica, biomasse etc) e riduca al minimo l’utilizzo di fonti non rinnovabili di energia. Per limitare i consumi di idrocarburi, lo Stato in accordo con le aziende nazionali del settore dovrà investire in un piano industriale di lungo periodo che incentivi la mobilità sostenibile e la produzione in serie di veicoli a trazione elettrica, magnetica o solare. Il progetto energetico ed industriale dovrà comprendere anche una ridefinizione del ciclo integrato dei rifiuti, che oltre al recupero degli scarti dovrà fornire combustibili organici alle centrali termoelettriche.

In caso di perdurante disavanzo delle partite correnti con l’estero, lo Stato potrà applicare adeguati controlli sulla circolazione dei beni e dei capitali o forme di protezione e tutela delle proprie produzioni interne rispetto ai concorrenti esteri che non rispettano le basilari norme sindacali o gli standard qualitativi ed igienici di produzione, previsti dalle relative regolamentazioni sanitarie. La Banca Centrale potrà all’occorrenza agire sulla leva della flessibilità di cambio per ristabilire un maggiore equilibrio dei bilanci con l’estero. Nelle sedi opportune, lo Stato italiano solleciterà la creazione di un’unità di conto internazionale che dovrà sostituire il dollaro come moneta di riserva internazionale e impedire la nascita di una nuova moneta nazionale di riserva, legata ad uno o all’altro paese egemone o emergente. Questa moneta di conto internazionale servirà per misurare tutti gli scambi transfrontalieri e per gestire una camera di compensazione fra i debiti e i crediti incrociati dei vari paesi mondiali, in modo da supportare la ricerca dell’equilibrio interno anche a livello esterno e globale.

9) Programmi di piena occupazione e salario minimo garantito

I Deficit Positivi di bilancio pubblico e le manovre di politica economica di lungo termine dello Stato dovranno perseguire il principale obiettivo di una seria e moderna democrazia partecipativa: la piena occupazione. Lo Stato dovrà comportarsi come un datore di lavoro di ultima istanza, per assorbire i disoccupati nei periodi di recessione economica da impiegare in lavori socialmente utili, formazione, ricerca, apprendistato. Con opportuni incentivi e piattaforme di scambio, questi lavoratori saranno invogliati ad accettare impieghi più remunerativi nel settore privato quando il ciclo economico sarà di tipo espansivo. In ogni caso lo Stato assicura un salario minimo garantito a tutti gli inoccupati o disoccupati finché questi ultimi non troveranno un impiego o nel settore pubblico o nel settore privato. Avendo chiaro che questa ingente redistribuzione di nuovi redditi aumenterà i livelli di domanda interna, lo Stato in perfetta sinergia con il tessuto produttivo privato nazionale dovrebbe favorire parimenti lo sviluppo dell’offerta interna, un controllo degli sbocchi esteri di questi nuovi flussi monetari per evitare squilibri nella bilancia dei pagamenti e un minore ricorso alla creazione di nuova base monetaria qualora fossero stati contemporaneamente raggiunti gli obiettivi di piena occupazione e saturazione della capacità produttiva del sistema paese. Al fine di proteggere i salari dei lavoratori e i redditi delle fasce meno abbienti della popolazione da eventuali spinte inflazionistiche sarà necessario prevedere il ripristino dei normali meccanismi di indicizzazione dei salari all’inflazione simili alla già esistente “scala mobile”.

L’economia, così come la politica, è una disciplina sociale molto complessa di organizzazione e allocazione ottimale delle risorse che va governata, gestita, monitorata, rettificata in modo discrezionale giorno per giorno per ottenere le migliori prestazioni dalle nostre potenzialità umane e produttive e il maggiore beneficio collettivo per la società. Immaginare invece di stabilire a monte vincoli, limiti, parametri quantitativi completamente insensati e distanti dalla realtà e pensare che sia poi l’ingovernabilità del libero mercato o il caos indistinto della legge del più forte a dettare le regole e stabilire gli equilibri sociali, è un atteggiamento retrogrado, primitivo e antiumano da cui prendiamo nettamente le distanze. Dopo aver assimilato bene questo fondamentale cambio di paradigma culturale di cui dobbiamo essere partecipi e promotori, non esisterà più alcun limite o obiettivo economico che l’umanità non potrà raggiungere e superare con tutti gli strumenti fiscali, finanziari, politici a disposizione. Il progresso umano, civile, scientifico o economico che sia, nasce sempre dalla sintesi e dalla ricerca di armonia ed equilibrio tra elementi spesso contraddittori e discordanti, non dallo scontro brutale fine a se stesso che aumenta indefinitamente gli squilibri, i conflitti e le disuguaglianze.

10) Uscita dall’euro, ritorno alla lira e rinegoziazione dei Trattati Europei vigenti

Avendo ormai appurato, dopo un trentennio di malversazione e declino, che non esistono in Europa le condizioni per la nascita di un tale Stato democratico moderno e le premesse per una gestione razionale dell’economia, l’Italia dovrà chiedere l’immediato disconoscimento e successiva rinegoziazione unilaterale di tutti i Trattati Europei, un’uscita anticipata e organizzata dalla zona euro e il ritorno alla nostra moneta sovrana nazionale lira. In questo modo l’Italia non solo potrà recuperare il pieno controllo della propria sovranità politica, economica, monetaria, ma potrà limitare al massimo gli enormi costi umani e sociali derivanti dal processo di frantumazione dell’area euro già in corso e ormai irreversibile. In un secondo momento, l’Italia potrà definire nuovi accordi bilaterali o multilaterali con gli stati europei, sulla base dei trattati dell’Unione Europea già esistenti, per mantenere pacifici rapporti di vicinato ed evitare inutili e dispendiose diatribe commerciali con i paesi limitrofi. Una tale ridefinizione dei rapporti con i paesi dell’attuale UE sulla base di accordi doganali e di cooperazione commerciale, dovrà ancora avere ad oggetto la libera circolazione delle persone, dei beni e dei capitali, con previsione, in subordine, e\o in alternativa, di analoghe equivalenti trattative con paesi di altra area geografica, ma come detto ciò non deve impedire allo Stato di applicare ove richiesto controlli, protezioni, sanzioni, incentivi alle produzioni locali che possano evitare a monte squilibri nei conti con l’estero, speculazione ed arbitraggio, fughe di capitali, evasione ed elusione fiscale.

Noi crediamo che il nuovo processo di aggregazione dell’Unione Europea, qualora ci sia davvero la volontà politica di perseguirlo, debba basarsi su un altro percorso, che includa in primo luogo l’armonizzazione delle norme giuridiche, amministrative, fiscali, contrattuali, scolastiche e solo alla fine di questo lungo processo, quando l’unità politica, economica, sociale, culturale, linguistica tra i paesi membri sarà effettivamente raggiunta e consolidata, si potrà riprendere in considerazione l’opportunità di introdurre la moneta unica come ultimo passaggio spontaneo di un serio programma democratico e condiviso di integrazione. Cercare invece, come è stato fatto, di imporre dall’alto, con raffiche di direttive, ratifiche, accordi intergovernativi e sovranazionali, un’accelerazione innaturale al processo di unificazione introducendo prima una moneta unica e costringendo poi i singoli paesi membri ad adattarsi surrettiziamente ai cambiamenti, è stato un errore drammatico e colossale, che ha creato e continua a creare conflitti interni ed esterni tra i popoli europei. Evidentemente i paesi, le strutture politiche ed economiche, i cittadini non erano ancora pronti e preparati per affrontare le conseguenze di una simile forzatura economica, che eliminando il meccanismo spontaneo di aggiustamento del tasso di cambio non consente di bilanciare eventuali squilibri commerciali e finanziari tra i paesi membri agendo unicamente sulla svalutazione interna dei salari e dei prezzi e alla svendita del patrimonio pubblico e privato nazionale per ripristinare i margini di competitività perduta dai paesi più deboli nei confronti di quelli più forti.

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